Chiaromonte si presenta come un anfiteatro che sporge su uno sperone roccioso e rientra nel più esteso dei parchi italiani, quello del Pollino.

L’attuale centro è stato edificato tra IX-X secolo d.C. dai normanni sulle macerie di un preesistente agglomerato urbano, le cui origini si fanno risalire ad epoche preistoriche.

Visitando il borgo subito spicca la presenza di numerose grotte scavate nella roccia ancora oggi utilizzate per conservare le riserve di vino rosso prodotto artigianalmente dai vigneti locali, uno degli elementi fondamentali della gastronomia di Chiaromonte.

La denominazione del paese, Chiaromonte, probabilmente deriva dal latino “clarus mons”, in riferimento alla sua posizione dominante, o con molta probabilità in relazione all’aspetto del luogo, disboscato e dunque libero, “clarus”, appunto.

L’antichità del centro è confermata da testimonianze che riconducono a presenze umane a partire dall’età del ferro con influenza della cultura greca e romana. A ragione di ciò sono numerosi i toponimi romani in diverse località: Castrovetere, Cotura, Maldinaso, Savino, Cozzocanino.
Il centro abitato di Chiaromonte si è sviluppato in seguito all’abbandono dell’antico abitato romano di Castrovetere, subito dopo la caduta dell’impero. Durante il Medioevo viene eretta una fortezza da parte di normanni e longobardi. Successivamente subentrarono le famiglie feudatarie Chiaromonte e Sanseverino, che costruiscono il castello, oggi ex-monastero e le mura, con torri cilindriche e quadrate.

Passeggiare per le stradine di Chiaromonte è una continua e piacevole sorpresa dal campanile della chiesa madre di San Giovanni, che svetta sui i tetti delle casette accorpate l’una all’altra, alle cantine scavate nella roccia dislocate lungo tutta la cinta del paese.

Fontane e archi si incontrano durante il mini tour nel paesino della provincia di Potenza, oltre a edifici civili come il Palazzo Sanseverino (1319), il Palazzo vescovile (1609), ma anche la Torre del Castello di Giura (XVIII sec.), che conserva al suo interno cimeli, oggetti artistici di gran valore e carte provenienti dalla Cina, portati da Ludovico Nicola di Giura, ufficiale medico presso la corte imperiale in Cina nel primo Novecento.

Da non perdere è poi la porta d’ingresso più antica, nota come “Portello”, nell’omonimo rione, poco sotto la chiesa madre di San Giovanni Battista.

Un panorama unico si può ammirare dai resti della Torre della Spiga, traccia delle antiche mura che cingevano il borgo e il “castello-monastero”, proprio di fronte all’ingresso della chiesa di San Tommaso, al tempo utilizzato come da castello baronale ingrandito e abbellito dai Sanseverino (XVI sec.).

Presso il Museo archeoantropologico “Lodovico Nicola di Giura” sono conservati numerosi reperti portati alla luce nel corso degli scavi archeologici condotti sul territorio.

A Chiaromonte sono particolarmente rinomati gli insaccati, tra i quali si distingue l’ottimo salame.

Molto diffusi sono i funghi e altri frutti del sottobosco, spesso condimento prelibato della preziosa pasta preparata in casa.  Piatti tipici del posto sono i fusilli conditi con salsa e mollica di pane fritta, i “rascatielli” fatti con farina di legumi e i cicirielli, si tratta di un misto di cereali che si prepara in occasione  della festa di San Giuseppe.

Da non perdere, è la degustazione del vino rosso dei vigneti locali, conservato in profonde grotte scavate nella roccia che conferisce al purpureo nettare un aroma particolare.

Chiamonte è uno dei comuni in cui è possibile scoprire le pepite d’oro del Serrapotamo, i famosi tartufi bianchi lucani, lungo un itinerario enogastronomico che coinvolge sei piccoli borghi del Pollino, appartenenti alla suggestiva valle del Serrapotamo.

All’interno del Parco Nazionale del Pollino, Chiaromonte sorge su uno sperone roccioso che domina la valle del fiume Sinni e quella del torrente Serrapotamo.

Verso est si erge l’altura denominata “Timpa Angari”, alle cui pendici si trova l’ex area archeologica locale, luogo di ritrovamento di una tomba di un guerriero italico del VI secolo a.C..

Dalla collina su cui sorge il Castello, totalmente scavata per ricavarne le caratteristiche grotte utilizzate per la conservazione del vino, si apre un ampio e suggestivo panorama, mentre oltre la vallata del Serrapotamo, si riescono ad individuare i centri di Castronuovo di Sant’Andrea, Calvera, Teana, Carbone, Fardella e, sullo sfondo, il monte Raparo  e il monte Alpi.

Al di là della vallata del Sinni, invece, è riconoscibile la grande cupola della Serra del Prete e il caratteristico dente della Timpa di Pietrasasso.

Diverse chiese sono presenti nel borgo di Chiaromonte, o nelle immediate vicinanze, tutte meritevoli di essere visitate perché al loro interno conservano interessanti elementi artistici.

La chiesa madre di San Giovanni Battista, a tre navate, è stata edificata presumibilmente tra il XI e il XII secolo. Nella navata destra è esposto, dal 26 agosto 2003, il corpo del beato Giovanni da Caramola.

Da ammirare  ci sono opere come la statua lignea policroma della Madonna del Sagittario con Bambino, di scultore ignoto ( XII-XIII sec.) e due preziosi quadri del XVI e XVIII secolo: un olio su legno raffigurante la Madonna del Rosario con san Francesco e santa Chiara, del pittore Aniello de Laudiello, e un olio su tela di autore ignoto che propone la raffigurazione della decapitazione di san Giovanni.

Non si può non visitare poi la chiesa di San Tommaso apostolo per il suo grande altare in marmo, proveniente dall’Abbazia di Santa Maria del Sagittario – di cui resta in piedi, seppur cadente, il campanile – un crocifisso ligneo (XIV sec.), un’acquasantiera e una fonte battesimale del 1574, oltre a due preziose tele del XVII secolo attribuite alla scuola di Luca Girodano.

A Chiaromonte si possono organizzare entusiasmanti percorsi lungo la caratteristica strada delle cantine.

Totalmente scavate nella roccia, queste suggestive grotte sono dislocate lungo tutta la cinta del paese e ben distribuite a varie esposizioni di luce ed umidità, così da consentire la buona conservazione del vino preparato artigianalmente e per questo dal sapore ineguagliabile.

Il prezioso nettare è infatti ancora prodotto in molte di esse e non è raro che i proprietari ne facciano degustare un sorso agli escursionisti.